ROBERTO SAVIANO




Fonte: www.pieroricca.org

"Ho conosciuto Roberto Saviano quando non era ancora la star che conosciamo ora. Aveva appena pubblicato Gomorra ed era venuto a Milano a presentarlo. E’ un ragazzo coraggioso e uno scrittore di qualità che merita la nostra solidarieta’ per le minacce che lo costringono a vivere prigioniero. Ha portato l’inferno di una terra devastata dal crimine all’attenzione del mondo, e questo è un fattore di riscatto e dunque un’opera meritoria. C’e’ qualcosa che tuttavia non mi convince nel fenomeno mediatico che è stato costruito intorno al suo nome e al suo libro. Comparsate, riconoscimenti, interviste fiume, speciali in prima serata; è perfino diventato uomo dell’anno per il tg di Italia Uno. La visibilità ha creato il best seller, il best seller alimenta la visibilità. I tenutari dei palinesti televisivi hanno capito che con lui vanno sul sicuro: il personaggio piace al pubblico e racconta in modo incisivo il far west della mafia campana e il suo contesto. Ma qui si ferma. Non racconta le complicità della politica e della finanza, i nomi e i meccanismi del potere in doppiopetto. Per Roberto Saviano non lasciarsi sfuggire una parola sgradita ai tenutari sembra far parte di una strategia. Voglio parlare a molti, ripete, le mie parole contro la camorra hanno un senso se in tanti le leggono e le ascoltano. Sa che gli verrà permesso di parlare a audience oceaniche fino a quando racconterà il far west del crimine organizzato. Ma fermarsi al far west è un limite al racconto della verità e rischia di favorire, contrariamente alle intenzioni del giovane scrittore, una visione distorta del fenomeno, efficace nel portare consenso al sistema mediatico e politico dominante. L’esatto contrario di quel che ha fatto Roberto Scarpinato nel suo saggio intitolato Il ritorno del principe (Chiarelettere), che analizza la struttura criminale del potere italiano e, pur avendo venduto bene, non è diventato un fenomeno mediatico clamoroso. Vuole mantenersi ecumenico, Roberto Saviano. Ma converrà con noi che oggi se dici la verità senza sconti ti fanno passare per fazioso. Dice di temere il potere della diffamazione, le voci messe in giro dai clan e dai loro servi. Non credo che ignori che la diffamazione dei testimoni scomodi è metodo politico sotto il regno del partito azienda. “Ogni partito ha una sua tradizione antimafia”, si è limitato a dichiarare Saviano nel lungo speciale in diretta da Fabio Fazio dieci giorni fa, prima della punzecchiatura del comico Albanese nelle vesti del politico mafioso: “Roberto ma perché non parli mai di me?”. “Non voglio buttarla in politica”, aveva dichiarato il giorno prima a un quotidiano. Ma si possono analizzare le cause profonde del potere delle bande criminali senza “buttarla in politica”? Sarebbero bastati, in quella seguitissima trasmissione, un paio di nomi di politici o una dichiarazione sullo sfascio sistematico della giustizia e della cultura della legalità, che favorisce il crimine organizzato, per alzare un polverone di polemiche e far tremare i polsi al bravo presentatore. Invece il coro dei consensi il giorno dopo è stato unanime. Il che non sempre è un buon segno in questa Italia conformista e mafiosa per cultura e metodo. Una volta ho chiesto a Loris Mazzetti, oggi responsabile del programma di Fazio: e se Saviano avesse fatto i nomi degli intoccabili? Risposta: “forse quella bomba sarebbe già scoppiata”. Oppure non sarebbe mai esploso il fenomeno mediatico ed editoriale che conosciamo.

Da questo punto di vista condivido l’augurio che gli ha formulato il magistrato Antonio Ingroia, di liberarsi dall’immagine che i media gli hanno appiccicato addosso."

Fonte: www.pieroricca.org

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