IL POPULISTA CHE NON SOPPORTA IL POPOLO

di Pietro Spataro

"La libertà di una democrazia non è salda se il popolo tollera la crescita di un potere privato al punto che esso diventa più forte dello stesso stato democratico". Questa frase fu pronunciata da Franklin Delano Roosevelt al Congresso degli Stati Uniti il 29 aprile del 1938. Ci è venuta in mente, leggendo un bel libro di Luciano Gallino appena pubblicato da Einaudi ("Con i soldi degli altri. Il capitalismo per procura contro l'economia") pensando alle cose di casa nostra. Certo, il povero Roosevelt mai avrebbe immaginato di venir usato per parlare di un uomo di nome Silvio Berlusconi che sarebbe diventato potente imprenditore e poi politico d'arrembaggio quasi sessanta anni dopo. Però il panorama di questi giorni ci fa preoccupare ancora di più dello stato della nazione.

Pensate. Un premier decide di nominare direttori di rete e di telegiornali dell'azienda televisiva pubblica in presenza di uno spaventoso conflitto di interessi che per la colpevole inerzia della sinistra è ancora lì come un macigno. Questo premier infatti è anche proprietario dell'azienda concorrente. Quindi questo premier alla fine della giostra controllerà sei reti televisive e l'informazione, ancorché non goda già adesso di buona salute. diventerà unica e monotona.

Aggiungete questo. Che questo premier per decidere tutte queste belle nomine non convoca riunioni nel palazzo del governo. Macchè, chiama a raccolta i diretti interessati a casa sua, li fa accomodare, gli offre da bere sicuramente e magari li intrattiene con qualche dolce melodia apicelliana.

Alla fine assistiamo a un uso privato delle istituzioni. E questo rafforza come è ovvio quel potere privato di cui parla Roosevelt e indebolisce la democrazia. Anche perché come sapete bene questo premier ne combina di ben altre. Ha messo il silenziatore al parlamento, ormai diventato un semplice votificio, tiene sotto tiro la magistratura, cerca di limitare pesantemente i poteri del Quirinale. Tant'è che ieri Giorgio Napolitano ha dovuto alzare la voce e far sapere che i decreti sono troppi e pieni zeppi di troppe cose. Non va, proprio non va.

Diciamo la verità: Berlusconi è un vero populista antidemocratico. Populista nel senso vero del termine. Cioè colui che diffida del popolo anche se lo usa. Come spiega il filosofo Nicolao Merker in un libro sul populismo uscito per Laterza ("Filosofie del populismo") per il populista il "popolo non è un interlocutore non ha voce in capitolo... perchè lo considera una bruta massa indistinta che con il suo esistere ostacola l'emergere di rari spiriti superiori destinati, per nascoste ragioni metafisiche, a incarnare il genio che sa reggere gli Stati". E quindi in sostanza il populista non ha nulla a che vedere con la democrazia. Per dirla come si direbbe dalle parti di Arcore: è un unto del Signore, al di sopra delle masse.

C'è un verso di una poesia di Valerio Magrelli che proprio a questo proposito dice:



legaliltà è legittima se lega il forte

se tutela il debole".



Direte: tutto ciò lo sapevamo già. Certo. Ma tutto diventa ogni giorno più preoccupante. E lo diventa, questo è il punto dolente di questa amara e triste storia, nell'immobilismo dell'opposizione. Ma sì qualcuno alza la voce, certo che si protesta, Franceschini fa quel che può. Però questa sinistra, o meglio tutto questo centrosinistra, hanno in qualche modo abdicato davanti all'impegno di mettere regole in questo mondo irregolare e disordinato. Torniamo all'inizio della storia, al conflitto di interessi. La domanda finale, ancora più allarmante e preoccupata, è: ci sarà qualcuno un giorno che, senza dubbi e ripensamenti, deciderà di approvare una bella legge seria e severa che impedisca a chicchesia di dominare l'Italia in tutte le sue parti senza avere controlli e contrappesi? Noi speriamo ancora. Ma poco poco...

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