Parlamento e Consob blindano Mediaset

Riporto un articolo di Massimo Giannini apparso qualche giorno fa su Repubblica.


Con la crisi finanziaria in atto il legislatore si preoccupa degli «avvoltoi» stranieri che svolazzano sulla Borsa italiana. Vuole difendere almeno le spoglie dei pochi, grandi “campioni nazionali” rimasti su piazza: Eni ed Enel, Fiat e Telecom, Intesa e Unicredit. Con 3 disposizioni specifiche. La prima prevede l´innalzamento dal 10 al 20% della quota di azioni proprie che ogni società può acquistare e detenere in portafoglio. La seconda prevede l´incremento fino al 5% annuo delle partecipazioni consentite a chi già possiede tra il 30 e il 50% di una Spa. La terza introduce la possibilità per la Consob di ridurre dal 2 all´1% la soglia dell’obbligo di comunicare alla Vigilanza l´avvenuto acquisto di un pacchetto azionario.

Il centrodestra dei conflitti di interesse se ne frega della cultura dell’Opa e della contendibilità delle aziende, ha già rimesso pesantemente in discussione le regole che limitano le iniziative di contrasto, consentite a una società su cui pende un’offerta pubblica d’acquisto. In tempi di ferro, come dice Tremonti, ci si difende con tutti i mezzi. Ma il problema non è solo questo: dietro la nuova crociata per salvare “l’italianità” si nasconde un interesse di bottega molto più spicciolo: difendere Mediaset.

I titoli Mediaset sono crollati. In poco più di un anno sono passati da 9,3 euro a 3,5, con una perdita netta dei 2/3.
L´8 ottobre 2008, Berlusconi invitava inutilmente a comprare azioni Eni, Enel e Mediaset». «Le azioni di una società non possono mai valere meno di 20 volte gli utili prodotti». Tecnicamente non ha tutti i torti, ma politicamente la sua posizione è indifendibile. Senonché per un «uomo del fare», davanti al tracollo della Borsa usa il suo governo per difendere i suoi interessi.

Come? In gennaio scattano i primi contatti riservati tra Gianni Letta e il presidente della Consob Lamberto Cardia. Per evitare che qualche straniero compri Mediaset dai suoi uffici, ai primi di marzo arriva in Consob una richiesta di parere sui limiti all’acquisto di azioni proprie. Il 12 marzo, in un´intervista al settimanale di famiglia, Panorama, Cardia fa il primo passo: «Serve una spinta in più per ritrovare la fiducia e ridare fiato alla Borsa. Il governo ha già fatto molto però nella situazione attuale si può andare oltre… Si potrebbe, per un periodo prefissato e in tempi di crisi, dare la facoltà alle società quotate di comprare azioni proprie non più fino al 10 ma fino al 20% per contrastare la volatilità e a rafforzare la presa sul capitale. Naturalmente tutte queste scelte spettano alla politica, governo e Parlamento. I miei sono solo contributi di pensiero».

In casa Berlusconi non aspettavano altro. Nel giro di una settimana Mediaset approva il bilancio 2008 ed esamina i primi 3 mesi del 2009, che riflettono la crisi, tra una caduta del 12% dei ricavi pubblicitari a gennaio e un taglio dei dividendi, per la prima volta dopo 7anni, da 0,43 a 0,38 euro per azione. Nel comunicato finale, il biscione precisa che alla prossima assemblea sarà proposta la facoltà di «acquisire fino a un massimo del 10% dell´attuale capitale sociale, in una o più volte, fino all´approvazione del bilancio 2009». Il giorno dopo (18 marzo) 2 parlamentari del Pdl, Marco Milanese ed Enzo Raisi, presentano un emendamento al decreto incentivi, che prevede l´innalzamento dal 10 al 20% della quota di azioni proprie acquistabili da una singola azienda, l´incremento dei tetti per la cosiddetta Opa totalitaria e la riduzione dal 2 all´1% della soglia al di sopra della quale scatta l´obbligo di comunicazione. Ecco la norma ad aziendam.

Il blitzkrieg è scattato. Ha solo bisogno di una cornice presentabile sul piano etico e sostenibile sul piano politico. Alla prima esigenza provvede ancora Cardia, che il 19 marzo, alla Scuola Ufficiali carabinieri di Roma dice: «E´ di ieri la notizia della presentazione di un emendamento al decreto incentivi all´esame della Camera, che accoglie alcune proposte formulate dal presidente della Consob a titolo personale per sostenere le società quotate in un momento nel quale la grave depressione delle quotazioni potrebbe facilitare manovre speculative o ostili. Chi lavora in istituzioni pubbliche deve essere orgoglioso di lavorare al servizio della collettività…».
Alla seconda esigenza provvede Berlusconi stesso. Il 31 marzo, a Radiocor, afferma che il governo punta ad aumentare il tetto per il possesso delle azioni proprie delle società quotate, e dichiara di averne «parlato col presidente della Consob, che si è detto d´accordo su questa direzione». L’ennesimo caso di conflitto di interessi è completato.

Il resto è cronaca di questi ultimi giorni, con il Parlamento che approva la norma ad aziendam nel generale silenzio. Salvatore Bragantini, ex commissario Consob, in un commento nelle pagine interne del Corriere del 3 aprile, critica il «decreto protezionista» corretto dagli emendamenti del Pdl, e si chiede: «Sarebbe interessante capire quale società potrà essere la vittima destinataria delle proposte». Ora lo sappiamo. Come temevamo, è la società del capo del governo.

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